giovedì 27 novembre 2014

Questa è una favola moderna.
Che poi, le favole si presuppone abbiano un lieto fine, un “vissero felici e contenti”. E invece questa favola una fine non ce l’ha.
Ma che volete, io ve l’ho detto che è una favola moderna e, nei tempi moderni, tutto è precario... pure le favole.
Quindi non venitemi a dire che non vi avevo avvisati.
Oh, dicevamo.
Dunque, l’eroina della nostra storia non è, che ve lo dico a fare, una bellissima principessa con i capelli biondo grano e gli occhi color del cielo.
E’ una donnina tarchiatella, con capelli neri come la pece e occhi dal taglio vagamente orientale.
Neanche il temperamento è proprio regale. 
Non siete affatto stupiti, lo so.
Che cosa volete farci, lei non ha mai particolarmente apprezzato quelle principessine gne gne tutte sorrisi e parole zuccherose. Così appiccicose, così inverosimili e melliflue.
Lei è sempre stata tutto il contrario. Il suo è un linguaggio che, per usare un eufemismo, potremmo definire colorito.
Sarcastica, pungente, simpaticamente scurrile.
Visto, l’amate già! Eh lo so, ma lei è così e si può solo amarla od odiarla. Niente vie di mezzo. 
Ma voi l’amate, giusto? Che se dite il contrario io questa storia non la continuo e voi vivrete il resto dei vostri giorni domandandovi come sarebbe andata a finire.
Dunque, visto che in ogni favola che si rispetti si parla d’amore (grazie Disney per questo trauma), la domanda è: come vive la nostra eroina l’amore?
Ah, che stolta! Parlo, parlo ma non vi ho ancora detto il suo nome.
E’ che non ci ho ancora pensato.
Mumble, mumble… come posso chiamarla?
Non può avere uno di quei nomi da favoletta Disney che poco le si confanno. Ci vuole un nome incisivo, qualcosa che renda l’idea del nostro personaggio.
Uhm vediamo, sì ecco: Diana, come la Dea della caccia.
Un bel nome cazzuto per la nostra principessa moderna.
Or dunque, Diana e l’amore.
Diana non ha mai sognato il principe azzurro. I suoi sogni di bambina non contemplavano nessun principe, nessun matrimonio. Già da piccola al “vissero felici e contenti” non ci ha mai creduto.
Che mica nessuno ha mai raccontato cosa succedeva dopo e lei di principi e principesse per sempre felici non aveva mai conosciuti.
Diana era una bambina grassottella, ribelle, vivace, che amava fare giochi da maschiaccio e credeva che le bambole potessero giusto occupare il posto su una mensola, niente di più.
Nei suoi sogni si vedeva sempre come una donna forte, determinata, indipendente.
Immaginando il futuro, i discorsi delle sue amiche iniziavano tutti più o meno con “quando mi sposerò” mentre, i suoi,  erano tutti un “quando vivrò da sola”.
Forse perché era cresciuta in un piccolo castello che non aveva conosciuto un solo giorno di pace e serenità.
La Regina Madre era una donna piccolina e nevrotica. Era un fuscello tenuto su da un ammasso di nervi e crisi isteriche. Ancora adesso, anche scavando a fondo nella memoria, Diana non riuscirebbe a trovare un solo giorno in cui l’abbia vista serena e sorridente.
C’era sempre una ragione per urlare, litigare, piangere o essere ansiosa. Ed ogni giorno trovata una ragione per sfogare le sue frustrazioni sui figli con urla e botte da orbi.
Il Re agli occhi di Diana era stato, per tutti gli anni dell’infanzia, un ometto pacioso e buono come il pane che riusciva in qualche modo a placare le ire furibonde della Regina Madre.
Ma, crescendo, l’aveva visto per quel che era: un uomo debole, succube, silenzioso, apatico.
Il Re e la Regina sono ancora insieme dopo più di 40 anni, ma felici e contenti proprio no.
Sicché potete facilmente immaginare perché la nostra eroina sia cresciuta lontana dal mito dell’amore eterno e sdolcinato.
Per tanto, tanto tempo Diana ha seriamente pensato di non meritare l’amore.
Lo sognava, eccome se lo sognava. 
Sognava un uomo forte, deciso e pieno di tenerezze. Un uomo al quale svelare il suo mondo interiore, tutta la dolcezza che teneva ben nascosta sotto la sua scorza da donnina tosta.
Un uomo al quale regalare le risate, i giochi, le storie, le sue paure. 
Ma non si sentiva all’altezza. Non si sentiva speciale abbastanza da meritare un amore così.
La Regina Madre glielo ripeteva ogni giorno che non era abbastanza bella per l’amore. Nessun uomo avrebbe mai voluto una come lei, intelligente e spiritosa certo, ma troppo grassa per essere amata. 
Un mantra ripetuto costantemente fino a costringerla a pensare che fosse vero. In fondo, se persino sua madre aveva difficoltà ad accettare una figlia come lei, come avrebbe potuto farlo un uomo?
Gli anni dell’adolescenza li passò chiusa nel suo bozzolo di insicurezze e tristezza. A guardare le vite degli altri e a domandarsi se mai sarebbe toccato anche a lei un pezzetto di cielo.
Crebbe con il coltello fra i denti Diana. Lasciò il castello appena poté e cercò ovunque il suo posto attraversando vallate di fitta nebbia e uragani talmente violenti da farle quasi dimenticare che il sole, prima o poi, torna sempre.
Incontrò molti rospi che non diventarono principi neanche dopo mille baci.
Il fatto è che Diana pur non sognando l’amore eterno, si portava dentro un disperato bisogno di amore. Un amore che ha cercato affannosamente anche negli occhi di chi non avrebbe saputo assolutamente che farne.
Dopo ogni delusione, ad ogni rifiuto, dopo ogni addio, Diana si ripeteva che era colpa sua. Una come lei non meritava l’amore e quegli uomini facevano assolutamente bene ad andare via, avrebbero trovato di meglio.
Fino a quando capì che l’amore non si merita. L’amore accade. Semplicemente. 
Non a tutti. C’è chi vive una vita intera senza neanche sfiorarlo. Ma questo non vuol dire smettere di sperarlo, sognarlo, aspettarlo.
Così capitò una sera di giugno. Una festa alla quale lei proprio non voleva andare perché lei, le feste, non le ha mai amate. Troppa gente sconosciuta, si sarebbe sentita a suo agio come un pesce rosso fuori dalla boccia.
Ma era il compleanno di un caro amico, come mancare? E poi c’era la sua amica, quella particolare che legge le carte, che le aveva detto “devi andare. Conoscerai un uomo importante per te. Sarà una bella storia. Devi andare”.
Non che lei avesse mai davvero creduto a queste cose, ma si disse che sarebbe andata giusto per poter dire “visto, non è successo niente.”
Indossò il suo abito preferito, un rossetto rosso, il sorriso più sincero e andò.
La festa non era un granché. Qualche amico, alcol a fiumi, qualche chiacchera.
Già ghignava fra sé osservando i partecipanti e pensando che lì in mezzo lei riusciva solo a vedere rospi. 
Poi, ad un tratto, un vociare concitato di saluti allegri alle sue spalle. Si voltò incuriosita ed in quel momento il mondo si fermò.
Un uomo dai folti capelli neri, lo sguardo fiero ed un sorriso disarmante si stava facendo largo tra saluti e strette di mano.
Per un istante i loro sguardi si incrociarono e Diana sentì tutto il suo corpo compiere uno sforzo straordinario per impedire alle ginocchia di cedere.
Fece l’unica cosa che una come lei avrebbe potuto fare: nascondersi.
Si nascose per buona parte della serata fino a che, senza capire come, si ritrovò seduta di fronte a lui. Niente con cui nascondersi, nessuna scusa da inventare.
Lo ascoltò parlare per forse due ore e, ad ogni sua parola, si sentiva sempre più affascinata. Mentre lui parlava lei riusciva solo a pensare che avrebbe voluto passare la vita ad ascoltarlo ma che, forse, lui era il principe e lei il rospo.

Ecco questa è la storia di come Diana abbia perso il suo contatto con la realtà la notte in cui incontrò questo principe in camicia bianca. Ma non vi dirò come va a finire.
Ve l’avevo detto che questa favola una fine non ce l’ha!
Anche perché Diana ancora non lo sa se lei ed il principe si vedranno ancora. Ancora non sa se il loro incontro è stato solo un sogno di mezza estate o se diventerà realtà.
Il principe è nella sua torre d’avorio ora, in attesa che l’inverno passi. Non lo sa quando passerà. 
Ma a Diana non importa. Perché lei è una combattente, sapete? Ed ha un cuore testardo.

Quando racconta la sua vita al castello, le sue lotte per trovare la strada, le mille burrasche, si sente sempre dire: “sei una donna forte, Diana.”
Ogni volta, Diana annuisce ma dentro di sé scuote violentemente la testa. Lei non si sente forte. Si sente solo una sopravvissuta che non sa smettere di sognare.

mercoledì 19 novembre 2014

Domenica sera, davanti al cheeseburger più buono in assoluto, M. mi ha chiesto insistentemente del mio blog. Voleva sapere di cosa parlo, cosa scrivo.
Davanti alle mie risposte evasive, guardandomi intensamente negli occhi, mi ha detto “Scusa, non voglio sembrarti invadente. E’ solo che vorrei capirti di più. Per me tu sei un mistero. Che da una parte è eccitante dall’altra è disarmante. Quando penso di averti capita, tu dici o fai qualcosa che mi riporta al punto di partenza e capisco di non averci capito niente.”
Ho sorriso abbassando gli occhi e ho deviato il discorso.

Perché in fondo ha ragione. Non è facile capirmi. Almeno non per lui. Non è che io lo faccia apposta eh. E’ solo che troppe volte ho messo a nudo l’anima sbagliando clamorosamente. E poi anche io non capisco lui. Non capisco cosa voglia da me. Che è cominciata come se dovesse regalarmi la luna sul palmo di mano e poi il tutto si è arrestato dopo un mese con un “non voglio impegni, non voglio legarmi.”
E a me stava anche bene che finisse. Perché M. mi piace, ci sto bene, mi fa ridere. Ma il mio cuore non batte. Quando sono con lui sono contenta ma il mio cuore se ne resta lì appoggiato alla tappezzeria a guardare gli altri che ballano e si divertono.
Però, in tutto questo, M. ha continuato a farsi sentire e a volermi vedere. Ed io gli ho detto sì. Sì perché ci sto bene e perché, sarà debolezza, ho bisogno di due braccia di compagnia. Ho bisogno di avere qualcuno che mi pensi un poco, che mi parli, che mi faccia ridere e che mi desideri. Anche se non è Lui. Anche se domenica notte quando si è addormentato abbracciato a me, ho chiuso gli occhi e ripensato a quanto il mio cuore martellasse nelle orecchie quando era stato Lui ad addormentarsi abbracciato a me lasciandomi sveglia a contare i suoi respiri.
M. in questo momento è una coperta. Una coperta di quelle un po’ corte che lasciano sempre scoperte i piedi. E credo di esserlo anche io per lui. O forse sono solo un’amica speciale. Non lo so. Ma so che la mia anima è stata presa, spogliata e ribaltata da quegli occhi neri ed immensi che ha Lui ed io non posso darla a nessun altro. Non ora.
Ho preso il mio cuore un po’ acciaccato e mal ridotto e l’ho messo nelle sue mani. Gli ho detto “eccolo, è tuo. Fanne ciò che vuoi.”
E lui l’ha preso e messo lì in un angolo. In attesa che l’inverno che si porta dentro passi.
O forse questa è solo la sciocca interpretazione di una cinica sognatrice incallita.
Ho scelto di defilarmi, di starmene nell’ombra senza chiedergli nulla e mi guardo vivere.

E nel frattempo il mio cuore continua a bruciare.

martedì 11 novembre 2014

"E non avere paura di perdere. Se deve succedere, succede - la cosa più importante è non avere fretta. Le cose belle non scappano". (John Steinbeck)

E invece io ho paura.
Ora che sono ad un passo da te, io ho paura. Una paura paralizzante che blocca il respiro, aggroviglia lo stomaco e fa sentire le gambe pesanti come piloni di cemento.
Paura che io abbia sognato troppo, che questa volta i miei desideri si siano spinti un po' troppo in là.
Mi guardo nello specchio e mi dico "Ma cosa ti sei messa in testa?".
In fondo l'amore, troppo spesso, mi ha solo sfiorata limitandosi a passarmi accanto abbastanza vicino da farmi sapere che esiste ma non abbastanza da farsi toccare.
E allora, mi chiedo, perché ora dovrebbe essere diverso?
Perché dovrebbe andare diversamente proprio con te che mi sei entrato così prepotentemente in testa? 
Mi dicono di essere ottimista, di stare tranquilla. Ma chi, come me, è tanto abituato a cadere alla fine dimentica di essere in grado persino di camminare.
Figurarsi se posso pensare di essere in grado di vincere questa lunga corsa ad ostacoli che porta il tuo nome.
A mia discolpa posso solo dire che io ci ho provato a scappare. Quando ho capito che quegli occhi di brace mi avrebbero preso e spogliato l'anima, mi sono detta che avrei rinunciato. 
Fino ad un attimo prima ho pensato di scappare via. Da te. Da me. Da quello che sapevo sarebbe accaduto e dallo tsunami che avresti provocato dentro di me.
Ma poi non ce l'ho fatta. Non ho avuto il coraggio di rinunciare. Perché ci sarebbe voluto un gran bel coraggio a rinunciare a qualcosa di così bello per non soffrire poi.
Ed ora sono qui ad aspettare.
E mi conosco abbastanza da sapere che questa attesa mi consumerà anima, cuore e sangue. E il chiacchiericcio di sottofondo dei ben intenzionati che danno consigli non fa che esasperarmi. 
Perché si fa presto a dire "devi stare tranquilla, devi stare calma, non sperare troppo, vivila." 
Io non ho altro modo per sentire le cose se non questo: intenso, lesivo, fino in fondo, da consumare il fiato. 
Sono così: cervellotica ed emotiva. Essere me è una fatica immane. Una fatica h24. E non me ne faccio niente di chi mi dice "devi viverla giorno per giorno." Dire una cosa del genere a me sarebbe come dire ad un'anoressica "Mangia."
E grazie al cavolo.
Ho liquidato consiglieri e ben intenzionati. Ho licenziato tutti. Lasciatemi qui, nel mio piccolo mondo, ad accarezzare la speranza ed aspettare. Lasciatemi vivere tutto questo nell'unico modo in cui sono capace. Che tanto alla fine i lividi sul cuore li ho io mica voi. 
Magari perderò ancora una volta. O forse, forse.. forse per una volta andrà diversamente.
In fondo "Se deve succedere succede". no?

giovedì 2 ottobre 2014

Ora che non ci sei più mi sorprendo a non pensarti. 
A volte possono passare anche due giorni senza che la mia mente abbia accarezzato il tuo ricordo. Ora che non ci sei più da 32 giorni, io mi sento più leggera. Meno sola.
Come se si fosse frantumata la cupola di cristallo che teneva nascosto il mio cuore. Ora che non ci sei più mi scopro più sorridente, più dolce, più paziente, forse più saggia. Come se tu fossi stato un lungo e tormentato cammino che dolorosamente mi ha portata a scoprire la mia vera essenza. Sei stato la mia transizione. Sei arrivato, mi hai devastata e poi sei andato via. E quando sei andato via io mi sono voltata e ho visto la mia pelle a terra. Sgualcita, inutile. Come la pelle di un serpente dopo la muta.
Questa mattina ho cambiato pagina al calendario sulla mia scrivania, in ritardo lo so ma io mi accorgo sempre in ritardo del tempo che passa, ed ho visto il giorno 06 cerchiato in rosso. Con accanto un cuore.
Dopo pochi secondi un sapore metallico in bocca. Mi stavo mordendo così forte l'interno del labbro da farlo sanguinare un po'. Perchè il 06/10 è il tuo compleanno. Perchè io su quel giorno avevo fatto mille sciocchi sogni. Perchè anche quando eravamo ormai vicini all'addio definitivo, ero comunque sicura che quel giorno ti avrei mandato gli auguri. 
Di tutte queste sicurezze resta solo il sapore metallico nella mia bocca. Non ti cercherò, non ti scriverò. Non ha più senso. Se lo facessi tu penseresti che sono qui ancora a pensarti e sperarti. E invece no. Ho cambiato pelle. 
E la mia nuova pelle mi piace. Mi piace chi sono ora. 

C'è qualcun altro sai nella mia vita.
Non voluto, non cercato, non sperato. C'è e basta. Ed ogni giorno mi sorprendo di lui. Per mille ragioni. Potrei parlare della sua intelligenza, o della sua dolcezza cosi spontanea e genuina, o di quanto mi faccia ridere.. ma la cosa davvero sorprendente è che lui c'è. Non ho il tempo di chiedermi se mi chiamerà o no. Perchè lui lo fa. Sempre. Non ho bisogno di chiedergli di vederci, perchè lui vuole vedermi e lo fa. Non si nasconde dietro a scuse o paure stupide. C'è e basta. Semplicemente. 
Ed io mi sorprendo come una bambina che vede il mare per la prima volta. Perché io ero talmente assuefatta alla tua distanza emotiva e fisica dal finire con il credere fosse la normalità. E invece la normalità sono due occhi dolcissimi che ti guardano come se tu fossi la cosa più bella che abbiano mai visto. La normalità è camminare per strada e inciampare perché camminiamo avvinghiati strappandoci un bacio ogni due passi. La normalità è passare un'ora al telefono a raccontarsi di tutto. La normalità è sapere che lui ci sarà anche domani. Non devo camminare in punta di piedi, non devo censurarmi o frenarmi per la paura che possa scappare. 
Non devo passare una serata a fissare il telefono in attesa di un cenno che non arriverà.
Non lo so se diventerà qualcosa di importante o no. Se durerà un mese o una vita. Non voglio saperlo. So solo che ora respiro, solo questo. 
Ed io a respirare ho appena cominciato.

lunedì 25 agosto 2014

E all'improvviso eccolo lì. Ero distratta, troppo assorta nella lettura per accorgermi di lui accanto a me che mi scruta. Ho alzato gli occhi distrattamente e l'ho visto. Il cuore ha accelerato i battiti e le mie labbra si sono curvate in un sorriso che non ho saputo trattenere. Ho lasciato che il suo splendido blu mi allagasse lo sguardo mentre due piccole lacrime impertinenti sono corse a pungermi gli angoli degli occhi. Un misto di sentimenti che non so spiegare. Felicità dal retrogusto di nostalgia. Il richiamo dell'appartenenza che pulsa nelle vene che io lo voglia o no. Ma lì al di là del finestrino c'è il mio mare a guardarmi e a dirmi "Ben tornata a casa". E per ora, per questo istante, è tutto ciò di cui ho bisogno.  

lunedì 18 agosto 2014

"E cancello il tuo nome dalla mia facciata e confondo i miei alibi e le tue ragioni"

Giorni interi e notte insonni gonfie di parole. Parole pensate, masticate e mai digerite. Parole che vorrei dire a te se solo una vocina nel mio cervello non si ostinasse a ripetere " a cosa servirebbe ormai?"
E' solo che lo sai che sono fatta così. Prima o poi quello che penso devo dirlo, anche a costo di fare più danni della bomba atomica. Questo l'hai sempre capito di me. Non sono mai riuscita a nasconderti quello che realmente pensavo. Lo capivi anche dal più impercettibile cambio di tono. Bastava un silenzio, un sospiro, un mugugno soffocato, che tu mi costringevi a dirti la verità.
Era una delle cose che più amavo di noi. Questo capirsi nel profondo, sapersi e accettarsi.
Che fine abbiamo fatto noi? Continuo a domandarmelo. Una domanda che ossessiona la mia mente in un infinito loop che non mi dà tregua.
Ad un certo punto qualcosa si è rotto e tu sei tornato a rintanarti nella tua torre d'avorio. Silenzi e mura alte come palazzi. Muri che ho provato a scalare ma erano lisci come specchi e i miei goffi tentativi mi hanno fatto rovinare a terra senza alcuna speranza.
Ogni 7/10 giorni ti affacci da quella piccola finestrella nella stanza in cima alla torre e ti fai sentire come se nulla fosse. Qualche messaggio carino e spiritoso come se noi non fossimo mai stati altro di più.
Ed io deglutisco le parole che vorrei dirti e ti assecondo per la paura che tu possa tornare a rintanarti definitivamente.
Non la conoscevo questa parte di me, questa paura di parlare, questo censurarmi. Non sono mai stata così. Con nessuno prima di te. Ho sempre fatto e disfatto con le mie parole. Anche a costo di pentirmene.
Onestamente ora non so neanche più se questo mio tacere sia dovuto alla "paura" o semplicemente alla curiosità morbosa di vedere dove andrai a parare, fino a dove ti spingerai con questa pantomima.
Sto qui buona buona nel mio silenzio perché sono tante le cose che vorrei vedere con i miei occhi: se ti ricorderai del mio compleanno tra 11 giorni, se vorrai rivedermi, se ti deciderai ad affrontare la realtà...
Tante cose che non vedrò se non mi taccio.
E poi, per cambiare, vorrei dirti tutto questo guardandoti negli occhi. Voglio guardare i tuoi occhi mentre ti dico quanto tutto questo mi abbia lacerata nel profondo. Voglio guardare i tuoi occhi mentre ti chiedo a cosa è servito tutto questo.
A cosa sono servite le notti insonni a parlare per ore, a cosa sono servite le lacrime e le risate, le paure, i discorsi strappa cuore, le fughe e i ritorni, i treni, le mani, i baci, le sigarette, le parolacce e le tenerezze, se poi doveva finire così.
A cosa è servito innamorarmi di te e credere in te se ora siamo poco più di due estranei?
E no, non ci sto con chi dice che è bello che ci sia stato, che non si rimpiange di aver amato qualcuno ed altre stronzate di  Mocciana memoria. Fanculo tu e tutto quello che c'è stato. Passo i miei giorni a rinnegare la maledetta sera in cui ti ho conosciuto. Perché non c'è niente di bello nell'averti amato se ora te ne vai. Non c'è niente di poetico e romantico nell'averti creduto tanto da non riuscire a guardare negli occhi un uomo senza pensare "sì, ok, ma non sei lui". Io non so che farmene di tutto questo amore che non posso dare a te. Non so che farne di tuti i giorni non ancora vissuti che avevo messo da parte per viverli con te. Non so non odiare la fitta che ho sentito in questi giorni vedendo amici andare a Praga perché non riuscivo a non pensare a quando me ne parlavi tu dicendo che volevi andarci con me.
Soprattutto odio il dolore acuto che provo quando penso che forse, probabilmente, questo tuo allontanamento sarà dovuto al fatto che c'è qualcuna ora accanto a te. 
Vorrei non averti mai conosciuto, almeno non saprei che ci sei e potrei continuare a cercarti con la speranza un giorno di incontrare i tuoi occhi.

giovedì 5 giugno 2014

Qualcuno mi ha chiesto se sono una persona gelosa. Ci ho pensato un po' prima di rispondere perché non ero sicura su quale risposta dare. D'istinto direi di si. Ma il fatto è che da quando ci sei tu mi sono scoperta gelosa in un'tra maniera. Non sono gelosa nel senso classico del termine. Non passo le mie notti sveglia a pensare dove sei o cosa fai. Se mi dici che esci con gli amici, a differenza di quanto mi è accaduto in passato, non penso con livore e gelosia all'eventualità che tu possa posare gli occhi su una portatrice sana di figaggine. Sono gelosa si ma lo sono nei confronti di chi ti circonda. Sono gelosa della barista che ogni mattina ti prepara il cappuccino perché, anche solo per il tempo di un saluto, può guardare i tuoi occhi. Sono gelosa delle tue lenzuola perché loro ti avvolgono ogni sera come vorrei fare io. Sono gelosa del tuo migliore amico perché parla con te ogni giorno, perché discute con te, perché ti può guardare ridere. Tutte cose che vorrei fare continuamente.
Sono gelosa degli spazi che non posso avere in questo momento. Ma nonostante i nostri casini, nonostante la distanza, nonostante i labirinti delle tue paure, io so di occupare un posto importante nel tuo cuore. So di essere un pensiero costante adagiato nella tua testa. So di essere nei tuoi occhi. E non ho paura. Non ho paura che tu possa incontrare un'altra, non ho paura delle attese, delle nostre incomprensioni. 
Ricordo di averlo detto anche in uno dei primissimi post scritti su di te: sento l'appartenenza. Non c'è altro modo per descrivere cosa sei per me. Ci apparteniamo e nessuno può farci nulla, nemmeno noi.

lunedì 12 maggio 2014

42giorni 4 ore

Sono esattamente 42 giorni e 4 ore che non scrivo su questo blog. Qualcuno si è carinamente preoccupato per me (grazie di cuore!), qualcunA mi ha fatto pressioni e mobbing affinchè io tornassi a scrivere (lo sai che ti adoro e adoro il tuo mobbing mia cara M.).
E' che ho avuto bisogno di staccarmi da qui. Stavo vivendo troppe emozioni e non riuscivo più a trovare le parole per spiegarle. Mi mancava la forza anche di ascoltare le critiche, i commenti.. anche solo i semplici commenti di stima e affetto.
Avevo bisogno di un po' di silenzio e di tornare ad una dimensione privata.
Non so se questo è il primo post di un nuovo ciclo o se passeranno ancora molti giorni prima che io torni a scrivere.
Volevo solo dire che sto bene, sono innamorata e la vita procede.
E sì insomma, per chi se lo stesse chiedendo.. sono viva :-)

lunedì 31 marzo 2014

un week end per non pensarti

Ecco come funziona un week end di inizio primavera. Uno di quei week end in cui apri le finestre e ti accorgi che a Milano c'è il sole e allora decidi di non tornare a dormire, di provare a vivere come fanno tutti.
Allora ti fai un caffè, dai da mangiare alla gatta, sistemi un po' di cose in giro per casa e ti butti sotto la doccia.
Una doccia bollente e profumata che lava via il dolore accumulato durante la notte. Stai piangendo ancora ma almeno le lacrime si confondono con l'acqua che scorre e ci fai un po' meno caso.
Ti spalmi da capo a piedi di crema profumata all'Iris che adori e mentre lo fai pensi che piaceva molto anche a lui ma non la sentirà più, almeno non sulla tua pelle. 
Scacci un'altra lacrima e ti fumi una sigaretta, la centesima, avvolta nell'accappatoio mentre aspetti che la crema si assorba e tu possa vestirti.
Ti vesti e vai dal parrucchiere. Perchè in testa hai un gran casino, anzi, uno sfacelo.
Con tua enorme sorpresa sei da sola nel salone e non ti sembra vero. Chiaccheri con la parrucchiera che sembra essere simpaticissima e inghiotti le lacrime che ti salgono agli occhi mentre sgusci via come un'anguilla cercando di non rispondere a domande tipo "fidanzata?".
Torni a casa, metti due cose in valigia e ti catapulti in stazione. Perchè non puoi stare a casa, non puoi. 
Te ne vai in Val D'Aosta a trovare un vecchio amico. D. che nonostante le cose successe nel passato è rimasto una persona con cui chiacchieri volentieri, a cui sei affezionata e che, alla bisogna, sa regalare il miglior sesso post rottura garantito al 100%. 
Vedersi era nell'aria da un po'. ma c'era LUI e ti sembrava ovvio che non sarebbe accaduto. Ma LUI se n'è andato e tu non ti sopporti più.
Sali sul treno, ti fai una foto cercando di apparire il più sorridente possibile. Almeno di avere un sorriso credibile e la metti come immagine del profilo su FB. Si vabbè il dolore ti fa diventare un po' bimbaminkia e speri che lui la veda e pensi che stai bene, che non stai morendo senza di lui. Anche se ti conosce abbastanza per capire i tuoi occhi e vedere che non hanno la stessa luce che avevano nelle foto che mandavi a LUI.
D. è sempre lo stesso. E' confortante trovarsi altrove, tra le montagne, a guardare occhi familiari che ti sorridono e ti fanno dimenticare di te stessa per un po'.
Si parla, si ride, si fuma tanto.. era dai tempi bolognesi che non fumavi tanto da dimenticarti i tuoi stessi pensieri.
Cerchi di non pensare a lui. Mai. Neanche in quel momento in cui non apri gli occhi perchè se li aprissi e guardassi D. moriresti al pensiero che tutto quello che vorresti in quel momento è che ci fosse LUI addosso a te.
Ti addormenti stanca di te stessa e fai sogni che lasciano il segno.
Sei in una casa che neanche conosci ma nel sogno è casa tua. Stai dando una festa per chissà quale ragione ed è pieno di gente. Ad un certo punto entra un bambino che ti porge una candela in regalo. Qualcuno ti chiede chi è quel bambino mentre tu senti un pugno nello stomaco e riconosci quegli occhioni. E' A. il figlio 4enne di LUI. Ti inginocchi e lo abbracci forte mentre alle sue spalle vedi L. il figlio 8enne che ti guarda con aria triste e ti porge un'altra candela. Questa è grande, di quelle candele decorative quadrate.
Sulla candela c'è un biglietto da parte di LUI. Leggi molte righe ma tutto quello che ricordi da sveglia è una frase "non pensavo saresti arrivata a tradirmi."
E apri gli occhi. Guardi il soffitto. E ci metti un po' a renderti conto di dove ti trovi, di cosa stai facendo.
Perchè per un momento ti è sembrato di vedere le travi di legno che erano sul soffitto della camera di LUI. Ma no, qui non ci sono travi. Qui c'è solo un soffitto bianco. E LUI non c'è.
Te ne ritorni a casa più triste che mai. Più sola che mai.
E durante il viaggio di ritorno non fai altro che ascoltare questa canzone senza smettere di piangere un momento.

"Tu lo sai che non e' la fine 
Si' che lo sai……. 

Che viene maggio 
E sciolgo le brine 
Si' che lo sai…… 
Resti d'inverno 
Persi nel vento 
Io non mi stanco no, no 
E vengo a cercarti 
In un sogno amaranto"



Manchi da morire.

giovedì 27 marzo 2014

Dimmi se si può essere al telefono con te in piena notte a discutere e sentire comunque il cuore in gola. Dimmi se si può sentire lo stomaco farsi piccolo piccolo non appena la tua voce si addolcisce un po' e si abbassa di un tono, anche se mi stai dicendo cose che fanno male.
Dimmi se si può riuscire solo a pensare al bisogno smisurato che ho di baciarti e di far l'amore con te anche se in quel momento mi stai dicendo addio.
Dimmi se è possibile chiudere il telefono alle 3 del mattino, svegliarmi in preda alle lacrime alle 4.30 e poi ancora alle 5.30 e alle 7.30 essere sul treno verso il lavoro senza avvertire stanchezza o sonno. Senza sentire niente se non dolore e vuoto.
Il mio cuore è frastornato, un po' sotto shock e ammaccato. Credo sia in piena crisi da stress post traumatico. Ma non ti tengo più. Non posso. Non sono capace. Non ce la faccio.
Ho cercato di spiegarti cosa mi fa star male, ti ho chiesto un piccolo sforzo. Ma tu dici che non sei in grado di farlo. Dici che sapevi che il momento sarebbe arrivato perchè tu, al posto mio, non ce la faresti a restare. Perchè tu non mi dai quello di cui ho bisogno, perchè mi fai soffrire anche se non lo vuoi. Mi dici che tu una storia così, a distanza e con tutti questi problemi, non l'hai mai contemplata e mai voluta. Ma ti ci sei trovato perchè io ti piaccio, perchè sono importante, perchè mi vuoi bene. Ma visto che la cosa mi fa soffrire tanto, dovrei darci un taglio. Ma davvero. Senza fare che tra due giorni ci cerchiamo perchè non sappiamo stare senza sentirci per poi ritrovarci dopo due giorni a stare ancora male.
Mi dici "devi solo essere onesta con te stessa e dirlo. Lo so che ci tieni, ma ti passerà. In ogni caso non staresti male a lungo. Stai più male così ed io non voglio farti del male."
Io piango in silenzio perchè non voglio che tu te ne accorga anche se poi la voce si spezza quando mi chiedi di risponderti.
Ti dico che quando ci tieni a qualcuno cerchi di fare qualcosa. Ti dico che voler bene è un impegno. Quando vuoi bene e lo dici ti impegni a non far sentire l'altra persona sola. Ti dico che siamo in due in questa storia e che non ho preteso niente ma ultimamente mi sento come se a te non importasse.
Ti dico che io non voglio dirti addio. 
Mi dici "allora prendo in mano la situazione e lo faccio io. Se manca la forza a te, lo farò io."
A questo punto io non ho più niente da dire. Ti dico solo "Basta, io alzo le mani. Se piuttosto che fare un piccolo passo verso di me preferisci dirmi addio, fai pure. Se stai meglio senza di me, accomodati. Io sono stanca. Non ti fermo più. Se vuoi andare vai."
Rimaniamo in silenzio per minuti interi. Minuti passati ad ascoltarci respirare senza che nessuno dei due trovi davvero il coraggio di mettere giù il telefono, di scrivere la parola fine. 
Ma io non posso più. Sono lì al buio, sotto le coperte, senza riuscire a smettere di piangere, ad ascoltarti respirare. Raccolgo il coraggio e ti dico "Allora buonanotte." Sospiri forte e dici "buonanotte" con un filo di voce che io vorrei solo stringerti forte e non lasciarti andare mai. 
Restiamo ancora un minuto appesi al nostro respiro come se mettere giù il telefono sia la cosa più difficile del mondo. Forse entrambi sappiamo che questa volta non ci sarà un ritorno. Io farò di tutto per non cercarti, per non pensarti. Ti sento così forte tesoro mio, ti sento così tanto mio che non te lo so spiegare. Ma devo sopravvivere e questa storia mi sta consumando. Tu mi consumi e finisce che poi io non avrò più niente da dare.
Alla fine la nostra telefonata si conclude perché io trovo il coraggio di dirti ciao e mettere giu'.
Ore 3.00 del mattino. Tutto è finito.
Sono qui in ufficio che lavoro. Mi sto fermando ora per un momento. Ma questa mattina ho macinato lavoro come se non ci fosse un domani. Avevo bisogno di non pensarti anche se ogni due minuti devo fermarmi ed asciugare le lacrime che scendono a tradimento e non mi lasciano tregua.
Starò male. Male da cani. Ma non mi annienterò, non ti implorerò di tenermi con te, non farò pazzie per te, non ti cercherò. Mi tengo un giorno, forse due, per piangere tutte le mie lacrime, per disperarmi, per dirmi che non ero abbastanza.
Poi alzerò la testa e porterò il dolore con dignità senza rinunciare alla vita. Cercherò di dare a me stessa l'amore che tu non hai saputo o non hai voluto darmi.
Non cercherò un altro. Non voglio più mettere il mio cuore sul vassoio. Vivrò come meglio so, farò anche delle stronzate se mi andrà. 
Fino al giorno in cui mi sveglierò e scoprirò che ho smesso di aspettarti.


lunedì 24 marzo 2014

Le parole che aspettavo

Ho resistito per 72 ore. 72 ore di mani morse e di vari escamotage messi in atto per evitare di fare l'unica cosa che avevo voglia di fare: cercarti.
Ma poi venerdì sera, dopo cena, ho ripensato a varie cose. Ho pensato ai saggi consigli di una nuova amica, ho pensato a quello che ci siamo detti e dati fin'ora. Ho pensato che non so lasciarti andare senza tentare. Ho pensato che 3 giorni sono più che sufficienti e un messaggino innocuo danno non avrebbe fatto.
Male per male, sarei rimasta ore a fissare il cellulare in attesa di un segnale ma per lo meno avrei potuto dire a me stessa: Ci ho provato.
Sicchè, ti scrivo "come stai burberetto?" 
Al 5° tentativo. Perchè ho scritto 5 messaggi diversi prima di decidermi a mandarti questo.
Comunque, dopo un secondo Viber notifica "visualizzato". E il mio cuore perde un battito. Dopo una manciata di secondi arriva anche la tua risposta ""incredibile ti stavo scrivendo io..".
Non ci capisco più niente. Ma decido di lasciarti tempo e spazio e mi limito a sorriderti.
Cominci a chiedermi del lavoro, io ti chiedo del tuo e dei tuoi bimbi. Racconti quello che è successo ed io ti ascolto accomodante. Perché non avrebbe senso dirti che sono altre le parole che sto aspettando e che starti lontana è un supplizio che non merito.
Poi dal niente mi dici " "Ti ho pensato tanto, non credere che abbia fatto finta di niente".
Mi sciolgo come neve al sole ma mi limito a chiederti a cosa tu abbia pensato.
" A te. Mi sono sentito male, ho sentito che mi mancava un pezzo. Eri tu. Mi sono sentito solo. Improvvisamente non c'eri più tu ed io non sapevo con chi parlare, con chi condividere le cose belle e le cose brutte. Mi sei mancata perchè ti voglio bene e mi è mancato sentire che mi vuoi bene. E' stato difficile starti lontano. Ci ho provato ma non riesco a cancellarti."
E basta. Il mio cuore è impazzito e non sa calmarsi.
Ti ho detto che non è stato facile neanche per me e che vorrei che provassi a non farlo più. A non andartene ogni volta per poi farci stare male entrambi. Ti ho detto che quando te ne vai da me tutto diventa grigio.
Mi hai risposto ""Anche io sto meglio se ci sei tu. Ci provo, Erika. Ci provo."
E a me basta.
Per ora mi basta così.

mercoledì 19 marzo 2014

Tempo di silenzi

Chiedo scusa alle anime pie che hanno commentato il mio ultimo post per non aver avuto la forza fisica di rispondere ad ognuno come sarebbe giusto fare.
Ho letto ed apprezzato ogni singola parola, ogni singola opinione e il tanto affetto che ho letto nelle vostre parole.
Ma ora non ho molto da dire. Vivo in questa continua altalena tra stato di grazia e profonda disperazione.
Un momento penso che tutto andrà bene e quello dopo mi sento come se tutto fosse perduto e forse vale la pena mollare la presa.
Oggi è il giorno del "tutto è perduto" e non ho molto da dire.
Lo stomaco è chiuso e non riesco a far altro che bere ettolitri di caffè e fumare come se non ci fosse un domani.
Ci siamo sentiti due giorni fa e mi ha detto che è consapevole delle sue mancanza, ha ribadito che ci tiene ma che non sa fare diversamente e la nostra conversazione non si è conclusa felicemente.
Quindi ho deciso di sparire per un poco, lasciarlo pensare e lasciare che per una volta sia lui a cercarmi. 
Mi troverà qui con le braccia ed il cuore spalancati. Ma ho bisogno che sia lui a farlo. Un piccolo gesto, nulla di eclatante.
Mi basta solo un "mi manchi." 
Mi accontenterei di questo.
Grazie a chi capirà che il mio silenzio ai commenti ricevuti non è per arroganza, è solo metabolismo.

lunedì 17 marzo 2014


Stiamo precipitando.
Tutto sta andando a rotoli ed io non so più da dove riprendere la matassa.
Ti sei chiuso nel tuo muro e non c'è niente che io possa fare per tirarti fuori.
Salvo poi sbucare fuori quando fa piacere a te e arrabbiarti se io non sono qui sorridente felice e dolce come vorresti.
Ho aspettato con pazienza e in silenzio. Giorni di messaggi non risposti, giorni di silenzio e di messaggi freddi e distaccati.
Sono stata presente quando hai voluto, ho cercato di darti quello che ti ho sempre dato scontrandomi contro un muro di gomma e freddezza.
Ho cercato di non farti pesare il freddo che sento dentro.
Ma ho i miei limiti. Prima di te questi limiti erano molto più definiti, marcati. Prima di te una storia così non l'avrei retta.
Ma quando ci si mette il cuore non c'è molto che razionalmente si possa fare. I tuoi occhi, il tuo cuore, mi hanno fatto credere che valeva la pena sudare e soffrire perchè tu eri, sei, l'amore che vorrei per me.
Ma ieri, anzi oggi, ho raggiunto l'apice.
Dopo una domenica senza tue notizie, una domenica di messaggi non risposti (due in realtà e tranquillissimi), una domenica che si è conclusa all'una e mezza con il tuo messaggio della buonanotte che io non ho neanche voluto leggere.
Perchè dopo una settimana così e dopo un giorno di silenzio assoluto, non basta un "buonanotte nanetta bacini" mandato in piena notte, per scaldarmi il cuore.
Il messaggio l'ho guardato stamattina. E non ti ho scritto. Perchè non avevo niente da dire a parte il mio mal di stomaco.
Alle 12 ti fai vivo tu con un messaggio del buongiorno allegro di quelli che mandavi prima.
Seguito dopo un minuto esatto da un altro messaggio triste perchè io non rispondevo.
Che a volte mi sembra di aver a che fare con una femmina. Cioè se tu non rispondi per ore e ore va benissimo ma se io ti faccio aspettare un minuto scatta la para?
Comunque ti rispondo e alla tua richiesta di un sorriso ti dico che proprio non mi esce il sorriso.
Mi dici "ok ci sentiamo un'altra volta."
Ed io non ci vedo più. Non ci sto ad una risposta del genere.
Ti chiamo e tu sei tutto pimpante e mi dici che stai facendo la spesa. Ti dico che il fatto che non mi andasse di sorridere non vuol dire che non abbia voglia di parlarti.
Mi dici che hai pensato che il motivo fosse da collegarsi al fatto che ieri non ti sei fatto sentire.
Ovviamente ti dico che il motivo è per forza di cose quello.
A questo punto ti inalberi e mi dici "senti oggi mi ero svegliato in altro modo. Non ho bisogno di altre rogne. Ci risentiamo. ciao."
E chiudi il telefono.
Lasciandomi ammutolita con il cuore sul pavimento.
Provo a richiamarti ma non rispondi.
Ed io non mi capacito. Non mi capacito di tanta freddezza e cattiveria gratuita.
Sicchè ti scrivo un messaggio dicendoti che mi dispiace e che anche a me avrebbe fatto piacere parlare con te ma che purtroppo sono un essere umano senziente e con dei sentimenti e non puoi pretendere di tenermi in un angolo e poi trovarmi contenta e dolce come al solito quando hai voglia tu.
Ti dico che per una settimana ho lottato contro il tuo muro di freddezza e che ho cercato di lasciarti i tuoi spazi perchè a te ci tengo tanto. Ma ora mi sento così e se ci tieni un minimo queste cose le capisci da te. Non merito di sentirmi etichettata come l'ennesima rogna. Ma questo è quanto. Tolgo il disturbo.
Ovviamente il mio messaggio è rimasto non letto.
E forse, per quanto il mio stupido cuore non se ne voglia capacitare.. forse ho sbagliato anche questa volta.

venerdì 14 marzo 2014

E' ancora inverno

Il sole che che scalda le giornate milanesi, i ciliegi che fioriscono improvvisamente e prepotentemente, le giornate che si allungano...sembra che la primavera abbia fretta di arrivare e scacciare un inverno un po' fiacco.
Ed io ci avevo un po' creduto. Sentivo il sole caldo in faccia, il caldo nel cuore.. ero quasi felice nonostante tutto.
Invece la primavera arriva ma evidentemente non per tutti. Per me è sceso il gelo. Quel gelo che non avevo sentito prima neanche dal mero punto di vista meteorologico.
Il mio gelo sei tu.  Ed io non capisco più, non so più.
Qualcosa è cambiato, qualcosa che esula dalla mia volontà e capacità.
E' cominciato impercettibilmente domenica quando alle 15.30 mi rispondi ad un messaggio dicendo che stavi correndo ad un appuntamento di lavoro e mi è sembrato strano che non mi avessi cercata neanche per un buongiorno di sfuggita ma ho scrollato le spalle e mi sono detta che vabbè può capitare.
E la sera non hai avuto tempo per me ma mi hai scritto e mi hai promesso che ci saremmo sentiti il giorno dopo ed io sono andata a dormire felice senza fare un dramma di queste piccole mancanze.
Lunedì  io ti mando il buongiorno alle 08.30.(tra l'altro mandandoti una mia foto) Il mio messaggio viene ignorato fino alle 21.30 ora in cui ti fai sentire cinque minuti via messaggio dicendomi che non avevi fatto caso alla foto e che sei di fretta.
Alle 02.30 mi mandi la buonanotte. Ti rispondo dolcemente anche se la dolcezza in quel momento la sentivo sotto le scarpe.
Martedì decido di non scriverti, giusto per vedere se mi avresti cercata tu anche solo per un buongiorno. Niente. Silenzio fino alle 20.30 ora in cui mi chiami facendo il tranquillone ed io ti rispondo a monosillabi. Mi chiedi cos'ho. E a quel punto, cercando di mantenere tutta la calma di cui sono capace, ti dico che sono dispiaciuta per questi silenzi.
Ti arrabbi. Mi dici che stai avendo giornate infernali, che fino a due giorni prima ci siamo sentiti 700 volte al giorno e che sentirci non dev'essere un obbligo e che ci manco solo io a peggiorare la giornata.
Dopo molta fatica ci spieghiamo. Ci calmiamo e parliamo.
Penso che la cosa si sia chiarita e mi rilasso.
Mercoledì  ti mando il messaggio del buongiorno. Resta senza risposta fino alle 20.00 quando mi mandi un messaggio dicendomi che stavi preparando la pizza. Alle 21.30 ci parliamo al telefono. Ma la telefonata non ha niente delle nostre telefonate. Ti sento lontano, freddo. Chiaccheri, racconti le tue cose, ridi ma non c'è una mezza parola riferita a me, a noi. Nulla di vagamente tenero o semplicemente complice.
Dopo una mezz'ora mi dici che devi continuare a lavorare e mi dici "buonanotte ci risentiamo."
Ci risentiamo?! Ho provato a scacciare dalla mente il senso di nausea e smarrimento che mi ha dato quel "ci risentiamo" e ti dico "ok ci sentiamo per la buonanotte".
Mi dici "te la sto dando ora."
Ed io "ah ok quindi niente messaggio quando vai a dormire?"
Mi dici "non fare la gne gne."
Ti rispondo che non è questione di essere gne gne. Che va bene tutto però la tua abitudine di mandarmi la buonanotte anche a notte fonda anche se sto dormendo.. mi piace da morire. E cmq fai come vuoi, non c'è problema.
Mi dici "ok."
Manco fossi lì a parlarti di lista della spesa.
All'una e mezza mi mandi la buonanotte. E mi rassereno.
Ma è stata l'ultima volta che ti ho sentito.
Perchè poi basta. Non mi hai chiamata, neanche mezzo messaggio. Nulla di nulla.
Non ti sento esattamente da 36 ore.
E non ti cerco. Perchè dovrei? Cosa otterrei?
Ho soffocato tutto in questi giorni e mi sono sentita persino in colpa per averti fatto notare che mi ero sentita trascurata. Non ho voluto ascoltare i segnali, le fitte allo stomaco che mi dicevano che te ne stavi andando da me.
Ma questa è la prova.
Hai allentato la presa poco per volta e ora hai smesso di farti sentire del tutto. Chiuso i ponti.
E non lo so perchè. So solo che è così.
Perchè, andiamo, non ci sono preoccupazioni che giustifichino un comportamento del genere. Niente ti ha mai impedito di sentirmi, di cercarmi, di mandarmi anche solo una risposta veloce ad un messaggio.
Mi hai chiusa fuori chissà poi perchè.
Ed oltre a piangerci e a non dormirci non so che farci. Non posso più. Sto lottando per me e per te da due mesi e mezzo.
Forse è ora che io mi arrenda.
Magari prima o poi ti mancherò un po' e magari tornerai.
Magari.
Una cosa sciocca l'ho fatta. Chiamarti con l'anonimo, giusto un minuto fa, e sentire la tua voce bella pimpante al telefono e riattaccare.
Avevo bisogno di sapere che sei vivo. Sono patetica da far schifo


lunedì 10 marzo 2014

Come se dopo tanto amore bastasse ancora il cielo

Doveva essere un week end di amorosi intenti e invece è stato un week di lavoro intenso (per te) e di febbre da cavallo (per me).
E dovrò aspettare ancora per riabbracciarti che in questo periodo il tuo lavoro si è fatto di fuoco e lavori letteralmente giorno e notte tanto che quasi non c'è tempo neanche per sentirsi.
Si, ci sentiamo sempre, ma non c'è quasi più tempo per le nostre telefonate fiume. Quelle telefonate che ad un certo punto ti prende fuoco l'orecchio e realizzi che stiamo parlando da due ore e neanche ce n'eravamo accorti.
Però ci sei sempre. 
E mi intenerisci ogni giorno di più. Anche quando mi mandi la buonanotte alle 2.30 del mattino scusandoti perchè non sei riuscito a liberarti. E io già dormivo perchè mi ero un po' rassegnata e il messaggio sul cellulare mi ha svegliata e fatta sorridere. 
E ti dico di non preoccuparti e di fare una buonanotte e tu mi rispondi "domani ci sentiamo, promesso."
E il mio cuore è felice. Felice come un bambino su un prato in  un giorno d'estate. Perchè ci sei tesoro mio, sei qui ogni giorno e ogni giorno prometti di esserci per il giorno a venire.
Non mi serve niente di più davvero. Ti sento mio, come una compagna di blog disse in un commento, e mi sento tua fino alla parte più nascosta di me.
Sento che lo stiamo costruendo questo amore. A piccoli passi, giorno per giorno, ci stiamo costruendo il nostro angolo di mondo.
Mi sento una miracolata tanto che se ci penso mi viene un po' da piangere. Perchè non ci speravo più e perchè, in ogni caso, non speravo così tanto. Perchè tu sei più di quello che speravo per me ed io neanche lo so se lo merito. Ma sei qui per me. Vuoi me, ora. E a me del resto non importa più. 
Ho il tuo messaggio del buongiorno appena apri gli occhi (qualsiasi ora sia), ho i tuoi piccoli pensieri durante la giornata, ho i tuoi occhi che mi vedono bella al punto che comincio a crederci anche io, ho la tua voce calda e dolce che mi raggiunge la sera e mi fa battere il cuore e mi stringe lo stomaco, ho la buonanotte che mandi cascasse il mondo anche se ormai notte non è più.
Ho ogni giorno la più dolce delle promesse " ci sentiamo domani nanetta."
E chissenefrega del resto, delle etichette, della distanza, delle difficoltà. 
Ho l'uomo più meraviglioso del mondo nella mia vita. Un uomo splendido che per qualche oscura ragione vuole me adesso. E in questo "adesso" io ci sguazzo felice.
"E intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dopo tanto amore
bastasse ancora il cielo"

lunedì 3 marzo 2014

L'ultima notte al mondo



"tutto questo coraggio non è neve. E non si scioglie mai, neanche se deve. "


Ancora una volta hai dato al mio cuore un motivo in più per crederci, per restare, per non lasciarti andare. 

Perché sei tu il mio coraggio. Ogni volta che i miei piedi tentennano e le mie gambe tremano un po', senza saperlo mi dai motivo per continuare a crederci.

Ed è stato così anche in questi due giorni. Giorni di presenza costante, come sempre, e di piccole sorprese.

Come, per esempio, scoprire che tua madre e tuo fratello sanno di me. L'hai detto con naturalezza, come se non fosse nulla di che. Anzi temevi che la cosa mi dispiacesse. Come potrebbe dispiacermi? Mi dici che a loro hai spiegato la tua posizione, la tua paura di lanciarti ma il non essere in grado di lasciarmi andare. Hai detto loro che non sono la tua ragazza ma non sono neanche un'amica. Sono una persona a cui tieni e che senti ogni giorno con la quale hai un rapporto speciale e bellissimo.

Tuo fratello ti ha detto "capisco quello che hai passato e che stai passando e sei fortunato che lei non se ne sia andata. Solo non vorrei più vederti da solo".

E tu con tutta la naturalezza di questo mondo hai risposto "Non sono solo. Ho lei nella mia vita e mi riempie ogni singolo giorno."

Quando me l'hai scritto ho ringraziato il cielo che non stessimo parlando a voce perché inevitabilmente ti saresti accorto della mia commozione e mi avresti presa in giro.. ma tu non sai quanto il mio cuore si sia gonfiato di gioia.

E poi ci sono i tuo bimbi. 


(Ecco questa è una cosa che qui non ho mai detto ma a questo punto è doveroso raccontarla anche per dare un quadro più completo della situazione. Burbero ha 33 anni e per 9 anni ha convissuto con una donna dalla quale ha avuto due bambini. Uno che ora ha 8 anni e un altro di 4. E' stato un amore grande per lui ed è finito nel peggiore dei modi. E in meno di due mesi lei stava con un altro che ora sta per sposare e con il quale ha fatto un altro figlio dopo neanche sei mesi. Ecco da dove derivano tutte le sue paure e, onestamente, io non riesco a dargli torto.)

Dicevo, i tuoi bimbi. Che sanno di me e che sgomitano ogni w.e. per sentirmi al telefono e salutarmi. E io mi imbarazzo, e ti sento ridere in sottofondo del mio imbarazzo, ma allo stesso tempo mi si allarga il cuore. Perchè faccio parte della tua vita in tutto e per tutto e questo non fa che confermare che per te non sono una di passaggio.

E poi ieri mi dici che vuoi passare due giorni chiuso in casa con me, che ti manco e non ce la fai più. E no, questo non significa che sia cambiato qualcosa. Solo hai bisogno di me almeno quanto ne ho io di te.

Ed io sono già lì con te.. Anche se dovrò aspettare fino a venerdi sera, il mio cuore è già lì. Perchè mi fanno male le braccia tanto è forte il bisogno di stringerti e le mie labbra hanno troppa sete e solo le tue possono darmi sollievo.

Il mio cuore fa le capriole..perchè " l'ultima notte al mondo io la passerei con te "


giovedì 27 febbraio 2014

Quando non ci speri più

Accade che sono le 13 di un piovoso Mercoledì e sei lì al tavolo di un locale nei pressi dell'ufficio in attesa del tuo piatto di bucatini all'amatriciana, quando il tuo telefono comincia a vibrare. Sul display, quel viso che tanto ami.
E ti stupisci perché non ti ha mai chiamata a quell'ora. I bucatini arrivano ma non te ne importa molto, li mangerai freddi.
Infili al volo la giacca e ti scaraventi fuori alla ricerca di un angolo di privacy per parlare con lui.
La sua voce è allegra, distesa e scherza un po' con te mentre tu continui a non porti la minima domanda sul reale motivo della chiamata.
Poi d'improvviso, con voce asciutta, ti dice "ho ricevuto la tua lettera". E senti fisicamente il cuore uscire dal petto. Un tonfo pazzesco. Improvvisamente hai paura.
Hai paura perchè negli ultimi 14 giorni lui è stato di una dolcezza disarmante, ti ha detto cose che non aveva mai detto, l'hai sentito arrivare da te con passi piccoli ma costanti e hai percepito che manca davvero poco, che finalmente si lascerà andare. Non ancora, ma lo farà.
E ora, in pochi secondi, tutte le paure si affollano nella tua mente e ti esce un filo di voce quando gli rispondi: 
"ah. beh ha fatto presto.. solo 14 giorni cosa vuoi che sia.. e quindi...cosa pensi..?"
E lo senti sorridere mentre ti dice che l'ha già imparata a memoria, che nessuno ha mai scritto qualcosa di tanto bello per lui, che quelle parole l'hanno intenerito e che non crede di meritare tanto ma se la terrà stretta stretta.
Anche se con moooolto ritardo, devo dire un GRAZIE di cuore a Poste Italiane che alla fine hanno contribuito a dimostrarmi che c'avete ragione voi. Bisogna seguire il proprio cuore e fidarsi del proprio istinto. E buttarsi e tentare tutto il tentabile per qualcosa che vale. 
Il mio cuore mi diceva che era la cosa giusta da fare, che lui avrebbe capito e che ne sarebbe stato felice.. E così è stato.

martedì 18 febbraio 2014

Solo te

Avrei tante cose da dire ma in testa mi risuona solo una frase. Lenta, costante, come un mantra:
Sono innamorata di te.
Ecco. Non te l'ho detto e chissà se mai lo farò, ma sono innamorata di te. Lo sono completamente, perdutamente, felicemente.
E non importa cosa siamo o cosa saremo. Tu continui a riempire i miei giorni con la dolcezza di sempre, con l'ironia che mi ha conquistata dall'inizio, con le tue cure, la tua preoccupazione per me, con il sostegno incondizionato e il tifo da stadio per ogni traguardo lavorativo raggiunto, con la tua gelosia che viene fuori inaspettata, con il tuo dolcissimo "nanetta.." detto sempre più spesso, sempre più dolcemente.
Sei qui con me e il mio cuore è tuo. E' nelle tue mani. E forse un giorno potrò dirtelo. 
Per il momento mi limito a darti quella che sono e quello che sento per te senza tirare, senza forzare, senza imporre nulla.
Ti sento tornare a piccoli passi. 
Mi troverai qui quando sarai pronto. Non vado via. Non cerco niente se non te. Solo te.

giovedì 13 febbraio 2014

L'amore ha i suoi tempi (?)

La parte sicuramente più bella ed interessante di avere un blog sono gli spunti di riflessione che le parole altrui accendono nella mia mente.
Giravo intorno ad un pensiero da qualche giorno ma questa frase: "le cose non sono sempre così ovvie, così scontate. Che due pezzi, magari, sembrano perfetti per stare insieme ma non è il momento per farli combaciare", letta qui http://traemmeezeta.blogspot.it/, ha scatenato in me tutta una serie di rimuginamenti sulla storia con Burbero.
Perché ci sono dei dati di fatto in questa storia:

  • E' un dato di fatto che non riusciamo a stare lontani davvero
  • E' un dato di fatto che ci piacciamo e pure tanto sotto tutti i punti di vista
  • E' un dato di fatto che ci incastriamo alla perfezione come i due pezzi del puzzle che servono per finire il cielo e che si perdono quasi sempre
  • E' un dato di fatto che ci manchiamo e pure tanto
  • E' un dato di fatto che proviamo delle cose
  • E' un dato di fatto che è ingarbugliato nei suoi labirinti mentali ma il suo cuore propende da una parte ben precisa
Solo che, per quanto bello sia quello che abbiamo, probabilmente non è il momento giusto.

In questi giorni ci siamo sentiti ogni sera. Messaggi di tutti i tipi: divertenti, semplici come stai, messaggi suoi di preoccupazione perchè la babba si è presa la tachipirina bevendo vino rosso, messaggi teneri e anche imprevedibili messaggi di gelosia da parte sua. Lui c'è. E' qui con me ancora. Ieri ero addormentata, era ormai mezzanotte e mezza, e lui mi ha scritto alla fine di una giornata di lavoro delirante e mi ha chiesto se poteva chiamarmi. Nonostante il sonno proprio non ce l'ho fatta a dirgli di no. Ed è stato bello sentire la sua voce e sentirgli dire che dopo una giornata così aveva solo voglia di parlare un po' con me, aveva voglia e bisogno di sentirmi.
Sarà una cosa piccola ma per me è l'ennesima dimostrazione che nonostante la sua testa, il suo cuore va per la sua strada. E siamo stati al telefono fino alle 2 passate stupendoci ancora di quanto le nostre telefonate siano sempre lunghissime e di come le ore spese a parlare volino via come fossero secondi.
E la telefonata si è conclusa con un suo "fai una buonanotte, ci sentiamo domani. bacio."
Che per me "ci sentiamo domani" è la più dolce delle promesse. Non mi servono i per sempre, mi servono i domani. Perchè nella frase "ci sentiamo domani" ci leggo la volontà di esserci. Per un giorno ancora, per un giorno in più. Perchè alla fine il per sempre è fatto di giorni da vivere uno alla volta.
Ancora ci sono nei suoi giorni. Sono nella sua testa e nel suo cuore, sono ancora il pensiero che lo fa sorridere, sono ancora la voce che vuole sentire prima di dormire. E forse non è abbastanza, ma è qualcosa di tangibile. Non è ancora persa la partita. Siamo ancora in gioco ed è ancora difficile fare pronostici.

Nella piazzetta di fronte al mio ufficio, in un angolo nascosto, c'è una cassetta rossa per le lettere. 
Questa mattina, sicura e sorridente, ho imbucato la mia lettera per lui. L'ho fatto perchè il mio cuore diceva di farlo. Perchè, conoscendolo, se la riceverà non potrà fare a meno di dirmi qualcosa. Non mi aspetto che lo faccia capitolare. Non è quello l'obiettivo. 
Immagino lo stupore sul suo viso nel leggere il mio nome nello spazio del mittente e immagino il suo sorriso dolcissimo nel leggerla. Tutto qui. 
Quella lettera non è un ultimatum. E' solo una dichiarazione di intenti. E' un modo in più per dirgli "ho scelto te, sono qui. Ti aspetto."
E da quando l'ho spedita il mio cuore è più leggero. 
Comunque andrà questa storia con lui, saprò in cuor mio di aver fatto tutto quello che potevo. E se dovesse andare male, lui rimarrà un dolcissimo ricordo ma mai un rimpianto.


martedì 11 febbraio 2014

Updates

Alla fine ho ceduto. Sabato sera sul tardi ho preso in mano il cellulare e gli ho scritto solo un "come stai". 
Non ne potevo davvero più.
Mi ha risposto felice di sentirmi, mi dice che è fuori con gli amici. Mi chiede se sono a casa e mi dice che voleva chiedermi com'era andata la mia review annuale con il capo inglese ma in quel momento non poteva.
E qui io faccio quello che non dovrei. Gli dico che sto bene e che mi chiederà quello che vuole quando potrà e che, in ogni caso, la mia review era avvenuta 4 giorni prima e avrebbe potuto scrivermi se solo avesse voluto.
Messaggio visualizzato. Nessuna risposta. E lì comincio ad auto flagellarmi pensando che potevo evitarmela, che le recriminazioni da femmina rompiscatole proprio no.
E poi la domenica mattina mi manda il buongiorno, mi dice "non odiarmi..non è cosi semplice.." e poi mi chiama. 
Mi chiama e passiamo un'ora al telefono parlando e ridendo. E mi dice che gli sono mancata da morire ogni santo giorno, che gli manca quello che eravamo. Mi dice che in quei giorni di silenzio mille volte avrebbe voluto prendere in mano il cellulare e scrivermi. Scrivermi qualsiasi cosa, dal film che stava guardando (era un po' un nostro rituale guardare dei film e poi farci le nostre personalissime recensioni a vicenda) al fatto che semplicemente sentiva la mia mancanza. Ma non l'ha fatto perché voleva essere coerente con se stesso e non voleva farmi del male. Mi dice che ha pensato "però, cazzuta sta nanetta che non si fa sentire" ma mi avrebbe comunque cercata. Mi ripete che in questo momento della sua vita ha bisogno di rimettersi insieme, di risistemare i pezzi e non è in grado di vivere una storia serenamente. Ma non vuole perdermi. Mi dice "in questi ultimi due anni mi hanno letteralmente asfaltato. Tu sei stata la prima e l'unica a squarciare il velo, a farmi tornare a sentire. Mi sono fermato perchè so che questo non è il momento giusto, non perché non sei giusta tu. E non lo so cosa succederà in futuro.. ma so che squando starò meglio e sarò pronto sarà forse più facile se nel frattempo non ci saremo persi. E se nel frattempo mi dirai che hai trovato qualcun altro mi farà male e sarò pazzo di gelosia ma è un rischio che devo accettare. Non ho alcun diritto e alcuna pretesa di legarti. Solo mi piacerebbe poter parlare ancora con te come facevamo prima."
Gli rispondo che può farlo e che sto male con i suoi silenzi, la sua assenza mi ferisce non la sua presenza. 
Parliamo ancora un po', qualche messaggio stupido durante la giornata e la domenica passa. Arriva il lunedi. io non lo cerco per prima ma mi viene la voglia assurda di scrivergli una lettera. Una lettera scritta a mano e da spedire con tanto di francobollo (come si faceva una volta.. che io sono anni che non compro un francobollo).
Mi piaceva l'idea di prendermi il tempo di dirgli qualcosa di importante, aspettare con pazienza che la riceva e attendere la sua risposta.
Qualcosa che non fosse consumato in fretta come un messaggio al pc.
Cosi ieri sera mi sono seduta al tavolo della cucina e gli ho scritto. In realtà quello che gli ho scritto mi è capitato di leggerlo da qualche parte ma ho deciso di scriverglielo perchè è esattamente quello che penso e che sento:
"Ti resto accanto anche quando non mi vedi.
E cerco di capire, tu che un giorno sei una rosa e quello dopo sei una spina. Ti resto accanto in questo tempo indefinibile, nel tempo che ti prendi per pensare, per trovarti e intanto se la ride, passa e se ne frega. Tempo troppo breve se ci scappa da ridere o da vivere, tempo troppo lungo se ti fai aspettare.
Se ti volti non mi vedi. Neanche avanti non mi vedi. Io sono al tuo fianco, senza spingere nè tirare, nel posto in cui ti puoi appoggiare quando perdi l’equilibrio. Di fianco, per dirti all’orecchio che ti voglio bene, per non perderti di vista neanche quando ti allontani. Di fianco, per non oscurare la tua luce, per non coprire la strada che vuoi fare, per solleticarti se ti chiudi nei pensieri.
E non occorre che allunghi la mano per cercare la mia, non l’ho mai mollata. E non occorre che allungo la mano per cercare la tua, è sempre stata nella mia.


Con infinito bene,
Erika"
Solo che nel momento esatto in cui ho chiuso la busta e attaccato il francobollo, lui mi ha mandato un messaggio. Un messaggio tranquillo e carino. E ci siamo scritti un pochino e addirittura stamattina ho riavuto un messaggio del buongiorno più o meno e ho paura che mandargli quella lettera non sia una buona idea. Ho paura che potrebbe sentirsi sotto pressione, messo al muro ed è l'ultima cosa che voglio.
Ora quella busta è nella mia borsa e non credo verrà spedita. O forse dovrebbe?


venerdì 7 febbraio 2014

Sono stata forte, hai visto?

Lunedi notte dopo due ore al telefono, quando ormai erano le 3 passate, mi hai detto ridendo "Sei buffa tu. Io prendo una decisione e tu semplicemente te ne fotti.."
Ti ho risposto "Me ne fotto quando penso che sia una decisione piuttosto sciocca. E poi se non volessi sentirmi non mi risponderesti e non staresti le ore al telefono con me." Hai sorriso ancora e hai risposto "Lo sai che non resisto se mi cerchi. Lo sai quanto piacere mi fa parlarti. Non ti dico che ti penso e che mi manchi perchè sarei stronzo a farlo.. ma tanto tu non sai stare neanche 24 h senza cercarmi".
"Quindi se non ti cerco io tu non mi cerchi?"
"Nanetta, so per certo che non potrà mai essere così."

E allora ti ho messo alla prova. Abbiamo smesso di parlare alle 03.15 e non ti ho più cercato. Neanche un sms. Niente, silenzio assoluto.
Mi sono mangiata le mani, ho lavorato come mai prima, sono andata a dormire con le galline pur di distrarmi e non cedere.
Ora però basta tesoro mio. Ora fatti sentire e dimmi che hai capito.. e che vuoi me e che te ne fotti del resto.
Dimmelo ora perchè io non ce la faccio più.

martedì 4 febbraio 2014

La paura esiste

Tesoro,
è strano per me usare questa pagina per scriverti perché tu neanche sai dell'esistenza di questo spazio e di conseguenza non leggerai mai queste parole.
Non ti ho neanche mai chiamato tesoro in verità, se non nella mia testa e nel mio cuore.
Ci siamo conosciuti in un modo davvero strano io e te. Nell'unico modo possibile forse per due persone che vivono a 400 km di distanza. Ma da quella fredda sera di fine dicembre ci siamo donati tutto. Ci siamo annusati e scoperti dietro miliardi di parole. Parole digitate senza sosta fino alle ore più assurde della notte.
Parole al telefono piene di stupore nel scoprire quanto calda e dolce sia la tua voce.
Notti e giorni interi passati a parlarsi che non era mai abbastanza. Scoprire in fretta che ci leggiamo nella mente, anticipiamo il pensiero dell'altro e a volte lo terminiamo. Parlarsi senza remore del proprio passato e del proprio presente senza cercare di edulcorarlo, senza tentare di apparire migliori.
E poi tu hai provato a scappare. Hai provato a dirmi che la tua situazione e i km che ci separano erano un ostacolo e dovevamo fermarci finchè eravamo in tempo. Ma non te l'ho permesso. Ho lottato con le unghie per riportarti qui perchè sentivo "di pancia" che non potevo perderti. Non potevo.
"Addio nanetta, mi dispiace." Ma dopo meno di 24h eri di nuovo lì a dirmi "manchi." E allora ci abbiamo riprovato sul serio con rinnovato entusiasmo e con l'infinita tenerezza di chi sente di appartenersi già.
E poi quel treno preso all'alba per venire da te. Km e km di rotaie che sono volati in un battito di ciglia. Era Milano, era buio, e dopo un attimo c'era il sole, c'era un'altra città, c'eri tu.
C'era il mio cuore che faceva le capriole ad ogni tuo sorriso, la mia timidezza, le nostre parole, il nostro primo dolcissimo bacio. C'era il parlare per ore e smettere solo per fare l'amore e poi ricominciare a parlare e poi ancora fare l'amore come una danza. Come qualcuno che si è perso nel deserto e che improvvisamente incontra un'oasi. Beve per dissetarsi e poi non può più smettere di bere perchè ha cercato così a lungo, ha bramato tanto quell'acqua che ora ha paura di separarsene. Ha paura di sentire già la mancanza.
E poi il viaggio di ritorno e il magone che mi ha stretto la gola con un nodo appena ti ho salutato. Perchè quella voglia di piangere? Mancanza? Sì, in parte. In parte mi mancavi già. Mi mancavano già i tuoi occhi, la tua pelle, le tue braccia intorno a me. Ma c'era qualcos'altro. Ti ho sentito andare via. Ti ho sentito allontanarti senza di me. Ho capito che qualcosa in te si era rotto e ti stavo perdendo.
Ho pianto in silenzio due giorni vivendo all'ombra del fantasma di un addio prima che tu mi dicessi che sì, è così. 
Ci abbiamo messo giorni a spiegarci, km di parole per spiegarmi che quello che senti è forte ma che proprio non ce la fai a rischiare di nuovo il cuore. Hai paura. Troppo dolore vissuto, troppe cicatrici. Mi hai confessato cose di te che non avresti voluto, ti sei strappato il cuore per mostrarmi chi sei e cosa ti spaventa. Mi hai detto che ti manco da morire e che soffrirai senza di me ma.. è meglio così. Ed io ci ho provato tesoro mio. Ci ho provato in tutti i modi a spiegarti che puoi fidarti ed affidarti a me perchè io non voglio farti del male.
Questa notte dopo due ore passate a parlare mi hai detto "per una come te affronterei il mondo. Quello che sento per te è forte, quello che abbiamo vissuto è stato stupendo... Io lo so che di una come te mi innamorerei in un'istante. C'è una parte di me che lo vuole e vuole letteralmente buttarsi a pesce in questa storia annullandomi e vivendo di te. Ma l'altra parte, quella più razionale non ce la fa. Sono sbagliati i tempi. Non ce la faccio. Mi fa male perderti ma se mi manderai al diavolo io lo capisco. Non perdere tempo con uno come me".
E lo so che lo pensi davvero.. La tua storia passata ha lasciato cicatrici profonde, mi hai confessato cose che forse io non sarei stata in grado di affrontare... ma mi si spezza il cuore. Perchè io ti ho riconosciuto, sei tu. Sei quello che cercavo, sei l'amore che sognavo per me ed io vorrei trovare il modo per squarciare quel bozzolo di paure. Vorrei trovare il modo per scalfire la tua corazza e farti capire che puoi fidarti di me. Puoi fidarti di noi.
E non so cosa fare.. continuare a cercarti? Sparire? 
E ho paura.. ho paura di perderti. Una paura fottuta di perderti.