lunedì 30 novembre 2015

Dicotomie di metà percorso

Intraprendere un'impresa titanica come quella che ho intrapreso io 7 mesi fa è qualcosa di catartico.
7 mesi fa pensai "ma sì proviamoci. Che vuoi che sia, mi metto a dieta, faccio un po' di palestra e piano piano qualcosa accadrà."
Non ero affatto convinta né dei risultati né tanto meno che il mio sforzo sarebbe durato più di una settimana.
Soprattutto, la vedevo da un punto di vista del tutto sbagliato.
70 kg per me erano solo un numero sulla bilancia. Pensavo: a 130 kg o a 60 kg io sono e sarò sempre la stessa.
Nulla di più lontano dal vero.
Perdere cosi tanto peso, buttarsi anima e corpo in un'impresa del genere, ti cambia interiormente.
Per forza di cose.
Accanto alle piccole consapevolezze, alle soddisfazioni, alla fatica e al sudore sta crescendo, per assurdo, la mia insicurezza.
E' difficile da spiegare, ma ci provo. Che ho bisogno di spiegarla a me stessa sta cosa, per poterla maneggiare.
Mi guardo allo specchio mentre indosso un vestito che mai avrei pensato prima (per la cronaca "prima" gonne e vestiti erano off limits per me) o fasciata in un paio di jeans che qualche mese fa non mi sarebbero entrati nemmeno in una gamba, e dentro di me si scatenano reazioni opposte e contrarie.
C'è la parte di me che si complimenta, che si sente orgogliosa. Ma è una piccola parte. La parte di me che prevale è più insicura di prima.
E' buffo ma mi sento più brutta di 40 kg fa. 
La me di 40kg fa fondamentalmente se ne fregava. E viveva discretamente bene. Riusciva persino a conoscere uomini, spesso in senso biblico.
La me di ora invece vede una miriade di difetti e proprio non ce la farebbe a sopportare lo sguardo di un uomo.
Vivo in un bozzolo dal quale il mondo è escluso. 
E non è che io sia triste, anzi. Per la maggior parte del tempo, in realtà, non ci penso proprio.
Ma capita di pensarci. Penso al fatto che io mi senta felice nel passare il sabato sera avvolta in una coperta in poltrona con in braccio la mia gatta. Penso al fatto che mi manchi essere baciata. Sarà stupido e pure adolescenziale, ma in questo momento mi manca essere baciata. Non il sesso, non la presenza di un uomo nella mia vita, solo essere baciata.
Penso al fatto che sto sviluppando questa strana fobia nei confronti del sesso. O meglio, non proprio del sesso, quanto dell'intimità. Inorridisco alla sola idea di essere nuda con qualcuno.
Pensieri che insieme non ci azzeccano, o forse si.
Forse, mi dico, fa tutto parte del processo. La presa di consapevolezza, il rinchiudersi. In fondo, mi dico, il bruco si costruisce il suo bozzolo per poter diventare farfalla. 
E' nella sua natura e nessuno si sognerebbe di dirgli "oh bruco che fai? esci, vedi gente!" Il bruco si costruisce il suo bozzolo e aspetta. Lontano da tutti, solo con se stesso. 
Forse è quello che sta succedendo a me. Forse alla fine di questo percorso riuscirò a liberarmi del bossolo e svolazzerò come la più sfacciata della farfalle.
Forse, semplicemente, questo è il mio tempo. Tempo dedicato solo a me. 
E forse va bene così. 

giovedì 26 novembre 2015

la sfigaggine di una calimera

Perchè diciamocelo. Io sono una calimera. Piccola e nera. E chiatta. E' la verità. Lo è sempre stata.
Sono un uomo sotto mentite spoglie. E puntualmente divento amicissima di uno che mi piace. E puntualmente... RESTO amicissima.
E lui è talmente amicissimo che nel frattempo si impegna con una e...vuole presentarmela!
yupiieeeee! Gioite angeli del cielo!
Ed io che, piuttosto che fargli capire la verità preferirei una morte lenta e dolorosa, fingo un entusiasmo ed una partecipazione da premio oscar come miglior attrice non protagonista.
Ma, signori, la dignità prima di tutto. E se è vero che i sentimenti d'ammmore hanno sempre dignità, è pur vero che far trasparire un trasporto verso qualcuno che PALESEMENTE non ti pensa proprio... è da folli. Un'impresa suicida. 
Ed io mi voglio abbastanza bene per evitarmelo. 
E niente, respiro profondamente e poi ci rido su. Perchè io rido su tutto e perchè tanto non c'è niente che si possa fare e, soprattutto, non è colpa di nessuno.
E poi la sua tipa è una gnocca paurosa, come dargli torto.
In quanto a me magari tra un po' gnocca lo sarò anche io. 
Anche se in verità in questo periodo mi sento meno bella di prima e soprattutto non sento più, come dire, alcun istinto animalesco.
Sarà la dieta, sarà lo stress, ma tant'è.
Lui era l'unico a stuzzicare il mio ormone, ma che ci vuoi fare.
Poi razionalizzo e mi rendo conto che io sono e resterò sola molto a lungo perchè in fondo è quello che voglio. Perchè nella mia solitudine ci sguazzo e mi sollazzo e un uomo tra i piedi proprio no.
E' così. E forse, inconsciamente, è per questo che mi prendo scuffie impossibili per uomini improbabili.
Per aver qualcosa da sognare nella confortevole sensazione che mai accadrà.
E' psicologia spiccia, ma credo mi calzi a pennello.
E va bene cosi. Non ho l'ansia da accasamento. Quando sarò davvero pronta probabilmente accadrà o magari no.
Nel frattempo io sono l'amica. Ma soprattutto sono tutta mia e solo mia.
Mica cotiche!

mercoledì 25 novembre 2015

Immersus emergo

Quando affondo, riemergo. E' il mio secondo tatuaggio. Il mio motto. L'unica cosa in cui ho capito di essere veramente brava.
Non ho mai avuto paura del dolore, delle difficoltà. Non sono mai scappata neanche quando forse, anzi sicuramente, sarebbe stata la scelta migliore. La ritirata strategica che ti evita feriti e prigionieri. Ma non è mai stato da me. Ho sempre vissuto tutto al massimo. Gioie, dolori, amori, speranze. Tutta me stessa, muscoli, cuore e nervi esposti e offerti puntualmente in sacrificio.
Ma ogni volta, ogni santa volta, ho trovato il modo per rialzarmi. Piegata, dolorante, un po' ammaccata, ma sono sempre riemersa dai miei abissi.
Ed è qualcosa che non voglio smettere di fare. Anche ora che quegli abissi li guardo e so che sarebbero pronti ad inghiottirmi in un batter di ciglia se io lo permettessi.
Così me lo sono scritta sul polso. Per ricordarlo quando mi verrà voglia di mollare o quando penserò "questa volta non ne esco."
Perché ne uscirò anche se non so come.
Per il momento corazzo me stessa, mi preparo alla guerra e festeggio le mie prime timide vittorie.
Una in particolare mi rende molto molto orgogliosa di me. E sì ho voglia di vantarmene perchè nella vita non lo faccio. Anche davanti ai complimenti altrui tendo a sminuire. Ma ora mi va di dirlo e di dirlo forte perchè sono fiera di me, perchè mi amo per questo.
Dopo una vita passata a lottare con la mia obesità e la mia pigrizia, mi sembra ancora impossibile l'impresa che si sta avverando sotto i miei occhi.
7 mesi di palestra e dieta: 37kg persi.
Mi guardo allo specchio e a stento mi riconosco anche se il percorso non è ancora finito e di salita da fare ce n'è tanta.
Eppure io stento a riconoscermi. E non si tratta di kg, centimetri o taglie. Si tratta di una me che non molla, che ci crede, che lotta e lo fa con il sorriso.
Si parla di una pigra da premio oscar che improvvisamente e senza neanche saperlo si butta nel body building e ce la fa.
Neanche sapevo cosa fosse fino a qualche mese, figurarsi.
Il body building non è neanche uno sport. E' uno stile di vita. Vuol dire davvero concentrare le proprie energie in un obiettivo. Vuol dire farsi il culo vero in palestra 5/6 volte a settimana in sessioni che variano dall'ora e mezza alle due ore, vuol dire seguire scrupolosamente un'alimentazione ferrea senza concessioni.
Soprattutto vuol dire competere costantemente con se stessi. E forse è questa la parte che amo di più. Al di là degli evidenti risultati fisici, c'è la voglia di migliorarsi sempre. La soddisfazione quando riesci a non mollare anche se le gambe bruciano, quando riesci a fare una serie con un peso maggiore.
La forza d'animo che ti tira fuori è qualcosa di sbalorditivo. Almeno per me. Che non lo credevo proprio, che mai avrei immaginato di fare una vita cosi, che mai avrei pensato di riuscire. E invece...
Sono fiera di me, molto.
Lasciatemelo dire :)

giovedì 19 novembre 2015

Vorrei sentire

Alle 14.00 di Lunedì 07 settembre 2015 il mio mondo è crollato. E con lui sono crollata io, sul marciapiede difronte all'ufficio, perché le mie gambe erano improvvisamente incapaci di sorreggermi.
Sono rimasta lì a fissare i miei piedi dentro un fiume di lacrime incurante di chi mi passava accanto, lottando contro l'ineluttabilità di quello che mi era appena stato detto.
Sono rimasta lì con la voglia di gridare sigillata nel petto e che mi impediva il respiro, con la voglia di scappare via lontano ma senza la forza per farlo. Fino a quando due braccia forti mi hanno stretta e portata via dagli occhi della gente e hanno cullato i miei singhiozzi stringendomi sempre un po' più forte come per evitare che, insieme alle lacrime, scivolassi via anche io.
Sono seguite notti insonni, pianti e gambe che tremano ad ogni squillo del telefono.
L'impotenza. La straziante, dilaniante, paralizzante, consapevolezza che non puoi farci niente. Le tue lacrime, il tuo amore, niente potrà cambiare le cose.
Ho sbarrato gli occhi nel buio, una notte, e ho realizzato che questi giorni e quelli che verranno non saranno altro che un lungo, lento addio. Il dolore mi ha attraversato le viscere come mai nella mia vita era accaduto. Perché un dolore diverso da tutti quelli provati fin'ora. Perché il mio cuore può reggere tutto il male del mondo se riguarda solo me, se fa male solo a me. Ma non ce la fa a sopportare questo strazio, a guardare il mio papà che continua a scherzare e sorridere anche se vorrebbe solo starsene a letto per il dolore. Lo vedo reagire con la forza di un leone, lo vedo lottare con la tenacia e l'ostinazione che solo un grande amore può dare. L'amore che prova per mia madre e che, pur di non vederla soffrire e preoccuparsi, lo trascina fuori dal letto e gli dipinge sul volto scavato un sorriso inespugnabile. E il mio cuore si stringe. Vorrei proteggerlo, vorrei poterlo fare. Vorrei che tutto questo fosse capitato a me perchè non voglio pensare a quando saremo costretti a dirgli addio. Non voglio pensare a mia madre che morirà con lui dopo 44 anni passati ad amarsi come il primo giorno.
Ma io sono io. Sono fatta a modo mio, ho la mia scorza dura che mi protegge dal mondo e da me stessa. E questi pensieri li seppellisco dentro di me, mentre io sono quella di sempre: ironica, cinica, apparentemente come prima.
Anche se niente è come prima.
Talvolta sono talmente brava a nasconderlo agli altri da nasconderlo persino a me stessa, da quasi dimenticare la realtà. 
Talvolta nella mia testa sento un click, E il mio cervello rifiuta la realtà ed è come se il mio papà non avesse il tempo contato. Mi sforzo per sentire la verità, ma non sento niente.
Sono momenti in cui mi prende il panico, La paura di essere diventata talmente dura da non provare più sentimenti. 
Ma so che non è così. Perchè poi le paure, i sentimenti, tutto torna come un'onda. Quando meno me l'aspetto.

Ci ho pensato molto prima di scrivere questo post e l'ho preso e mollato molte volte e molti giorni prima di concluderlo. 
Non so, mi sembrava di dire qualcosa di troppo privato, di troppo delicato. Ma in fondo anche questo fa parte di me, della mia vita, e alla fine è giusto così.


venerdì 6 novembre 2015

E' straordinaria la capacità che ha la vita di sorprenderti, di farti finalmente guardare ciò che fino a quel momento ti eri solamente limitata a vedere.
Io mi sono limitata a vederti senza mai davvero guardarti per 800 giorni, 6400 ore, a grandi spanne.
Mi facevi un po' paura in fondo. Ti vedevo così distante, algido, imperscrutabile, enigmatico. Mi sentivo a disagio, goffa ed insignificante accanto a te. 
Ci penso e ripenso e davvero non ricordo come o quando le cose siano cambiate. Non so come sia successo che due poli opposti come noi si siano avvicinati.
Uno come te che, come un lupo selvatico, impiega un tempo incredibilmente lungo a studiare ed annusare gli altri prima di lasciarsi avvicinare ed una come me che vuole far paura ed invece finisce per essere cappuccetto rosso.
Ed ora che finalmente ti guardo, ora che i tuoi sorrisi scaldano le mie giornate, mi sorprendo nell'incanto di capire chi sei.
Non è facile entrare nella tua vita. Sei una stanza con la porta socchiusa dove entrare adagio, in punta di piedi mentre io, per te, sono una casa senza pareti.
Mi sono sentita così esposta, vulnerabile, in quelle ore bloccati in quel posto senza territorio, mentre ti snocciolavo la mia vita incalzata dalle tue domande. Eppure, anche se i miei occhi fuggivano dal tuo sguardo, mi sono sentita speciale mentre sgranavo il rosario delle mie fatiche, delle mille vite vissute in una manciata di anni, semplicemente perché lo stavo raccontando a te.
A te che hai quella luce negli occhi mentre mi guardi, a te che quando mi hai vista crollare sotto il peso di notizie terribili mi hai semplicemente stretta tra le tue braccia calmandomi il cuore.
A te che mi fai ridere senza freno. A te che hai la capacità di non farmi sentire sola neanche quando ce ne stiamo in silenzio.
Sei un labirinto, sei lo stregatto che scompare proprio quando stai per afferrarlo.
Sei un enigma che non voglio risolvere, non per il momento.
Mi piace scoprirti piano piano senza forzare la serratura.
Perché la vita è un viaggio di quelli che devi solo goderti senza domandarti quale sia la destinazione.